Donne migranti - Da casalinghe a capofamiglia
- TeAtelier Aps
- 11 apr 2022
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 23 nov 2022
"Le donne appartengono a tutti i luoghi
in cui vengono prese le decisioni. [...]
Non dovrebbero essere l'eccezione."
Ruth Bader Ginsburg
Le migrazioni sono divenute ormai un fenomeno globale le cui ragioni sono le più disparate e comprendono fattori più drammatici come la povertà e mancata sicurezza e fattori meno drammatici quali la ricerca di emancipazione e la curiosità intellettuale.

Il fenomeno della migrazione femminile in Italia negli ultimi anni ha subìto un grande incremento: lo scenario migratorio nazionale, infatti, registra che al 1° Gennaio 2020 la presenza di stranieri regolari è pari all’8,8% della popolazione totale, di cui più del 50% (fonte: epicentro iss) è costituito da donne generalmente giovani e, quindi, in età riproduttiva. Se in un primo periodo, le donne straniere giungevano in Italia tramite ricongiungimento familiare, negli ultimi anni le immigrate arrivano frequentemente da sole e soprattutto per lavorare. Questo fenomeno rappresenta un importante fattore di novità, si parla infatti di "femminilizzazione" dei flussi migratori per indicare che tali flussi sono correlati ad una domanda sempre più crescente di manodopera femminile.
Tutti questi cambiamenti si sono riversati anche sul valore e sul significato legato alla maternità che negli ultimi decenni ha seguito percorsi molto differenti nelle società industrializzate rispetto a quelle dei paesi “in via di sviluppo”. Nei primi per la maggior parte delle donne la maternità è una scelta, non più una conseguenza inevitabile, mentre nei secondi la maternità viene vissuta ancora come un valore assoluto, ci troviamo quindi di fronte ad una stessa esperienza, ma con due vissuti emotivi completamente differenti.
In virtù di questo non ci risulta difficile comprendere come per la maggior parte delle donne migranti, che provengono da società di tipo tradizionale in cui la maternità rappresenta un punto cardine dalla propria identità, risulta spesso difficile integrarsi nel mondo occidentale che pur non negando il valore della maternità la relega ad una scelta autonoma. Passare da una realtà in cui l’essere donna è analogia perfetta dell’essere madre, in cui alle coppie è negata ogni tipo di scelta rispetto alla non procreazione e in cui la pluri-natalità è un valore assoluto ad una realtà come il mondo occidentale in cui tali valori non sono generalmente più riconosciuti, produce spesso nelle donne sensazioni di disagio che potrebbero ostacolare l'integrazione culturale con il paese ospitante.
Notiamo come l’essere immigrate in Italia è una sorta di “atto rivoluzionario”, perché significa rivoluzionare la propria identità, in particolar modo quella di genere: le donne si ritrovano a rivoluzionare sia il modo di considerare se stesse e la propria famiglia sia il modo con cui prendersene cura, poiché essere madri nel nuovo contesto culturale in cui sono immerse potrebbe apparire incompatibile con la loro condizione di lavoratrice, e ciò può creare una lacerazione profonda tra la vecchia e la nuova concezione dell’essere donna ed incidere così negativamente sul loro benessere psicofisico.
Le donne come abbiamo visto all’inizio del nostro discorso costituiscono oltre il 50% della popolazione in spostamento nel mondo, migrano per necessità, fuggono da conflitti e stigmatizzazioni sessiste, ma soprattutto le donne sono passate dall’essere soggetti passivi del progetto migratorio ad esserne le principali artefici e protagoniste, apportando cambiamenti sociali non solo rispetto alla società di destinazione, ma anche e soprattutto con il loro esempio in quella di provenienza.
Riferimenti bibliografici:
·Maternità nel mondo - Barbara Del Bravo: Ginecologa https://www.ginecologadelbravo.it › maternità-nel-mondo
·https://www.juragentium.org/topics/migrant/it/luciotto.htm - Donne migranti - Jura Gentium
Articolo a cura della Dott.ssa Federica Agrello Laureata in Scienze e tecniche psicologiche federicaagrello@gmail.com
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